venerdì 22 ottobre 2010

Il liberalismo estremo di John Stuart Mill

Ho dedicato questa estate alla lettura di uno di quei libri a cui l'etichetta di classico sembra incollata in maniera indelebile: Sulla libertà di J.S. Mill, Bompiani testi a fronte, Milano, 2000.
Leggo, prima di sprofondare nel testo, la breve biografia di Mill e...sorpresa!: Mill era un genio.
Esagero?
A tre anni imparò il greco, il latino a otto.
A sette anni legge l'intera opera di Erodoto, i sei dialoghi di Platone e poi Aristotele, Platone e compagnia bella.
A tredici anni legge i Principles di Ricardo e ne discute direttamente con l'interessato, visto che è anche un amico del padre.
Padre che, come normale che sia quando si è al cospetto di un genio precoce, è molto attento all'educazione del figlio e ne prepara rigorosamente la strada verso l'eternità.
Anche se ottenuta poi passando attraverso una "profonda depressione".
A leggere le persone che ha incontrato gira la testa: Bentham, Jean-Baptiste Say, Saint- Simon.
Padrino, trovo su wikipedia, addirittura di Bertrand Russell.
Comte e Tocqueville tra le sue letture e scusate se è poco.

La lettura del testo non si può considerare scorrevole, naturalmente bisogna contestualizzare il linguaggio al periodo storico.
Dopo le prime pagine però ci si immerge abbastanza agevolmente nella lettura: l'argomento è interessante e, anche se oggi molte tesi sembrano scontate, in realtà si tratta di concetti sempre validi.
Il testo a fronte è in lingua originale, inglese, ma, dopo una prova iniziale, preferisco abbandonarlo per la volgare versione in italiano.
Meglio concentrarsi sull'originalità del pensiero.

La sensazione iniziale è perfettamente confermata da quella finale: questo genio precoce aveva così a cuore la libertà da risultarne un fanatico sostenitore.
Per Mill la discussione libera delle idee è sempre un vantaggio sia quando si riesca a dimostrare che la teoria sostenuta sia universalmente corretta, sia quando ne sia dimostrata la non verità o l'erroneità.
Dice infatti Mill che se è vera allora evidentemente è giusto e socialmente auspicabile che quell'idea possa essere espressa (e profondamente dannoso non poterla esprimere) ma più quell'idea è malsana ed errata più è auspicabile permetterne l'espressione perchè per contrasto e confronto l'idea giusta avrà l'occasione di emergere con la forza della sua validità intrinseca.

Ciò presume che la giustizia e la verità alla fine prevalgano sempre, concetto che spesso tipico ottocentesco, oggi spesso messo in discussione.
Evidentemente J.S.Mill non aveva fatto i conti con con l'influenzabilità delle opinioni, in primis attraverso i media. Ad affermarsi, spesso, non è un'idea "necessariamente" giusta ma solo quella più facilmente recepibile e più spendibile sul mercato delle relazioni.
Per non parlare delle distorsioni e degli estremismi che nascono da alcune idee palesemente "non giuste" o "irragionevoli", difficilmente o parzialmente sostenibili e, quando lo sono, sempre col timore di incorrere in un processo autodistruttivo.
In particolare mi riferisco alla tollerabilità dell'intollerante.
Qui l'estremismo di Mill raggiunge il suo apice: le idee, anche le più orripilanti, vanno espresse sempre, qualsiasi sia il loro contenuto; darne un giudizio e proibirle in base a questo giudizio, pur ragionevolmente condivisibile, induce più facilmente all'errore che ad un vantaggio.
"Tutti gli errori che può commettere (l'uomo) ignorando consigli e ammonimenti saranno un male infinitamente inferiore a quello di lasciarsi costringere da altri a fare ciò che essi ritengono il suo bene".
Diversamente le azioni conseguenti ad alcune idee trovano il limite del non recare danno agli altri.
Insomma il classico principio del "non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te" o "la libertà degli altri finisce dove inizia quella degli altri" di gandhiana memoria.

Interessante e attuale anche il concetto della pericolosità dell'unaminità delle opinioni messa in relazione con l'individualità, principio base e distintivo dell'uomo.
Non si è individui se non si ha originalità e diversità di opinioni.
Se, nei confronti di qualsiasi idea -anche la più giusta- c'è solo uniformità e consenso è molto probabile che qualcosa si è inceppato nel meccanismo dell'essere sia individui e che animali sociali.

Un'idea profondamente giusta e corretta deve avere oppositori, non averli la indebolisce invece di rafforzarla.
La lezione di Mill è semplice, netta, assolutamente condivisibile.

Una lettura che mette in discussione anche i più convinti sostenitori della libertà, che imparano a dover far i conti con una delle più forti contraddizioni di questo concetto: la libertà è sicuramente uno dei beni più importanti per l'uomo e pertanto non si baratta con la giustizia o con la propria assoluta convinzione.

Una lezione che trasuda tolleranza e rispetto per gli altri e ricorda, in molti aspetti, il pensiero di Tocqueville e Voltaire.
In questo blog mi occuperò di liberi pensatori: poteva forse mancare il Classico per eccellenza?

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