venerdì 15 ottobre 2010

Un blog...nonostante i blog

Si inizia.
Dopo un timido tentativo fatto anni fa- forse un millennio- riprovo a scrivere un blog.
Un aspetto inquietante mi aveva bloccato allora e, ancora oggi, rimane un elemento frenante: perchè far sapere a tutti ciò che penso e sono? Perchè dovrebbero essere interessati a quello che penso e sono?
Probabilmente una timidezza preventiva, forse una sorta di paura del "lettore bianco", contrapposta al terrore della "pagina bianca".
Con una convinzione di fondo: i blogger vogliono essere o sono degli egocentrici repressi e, a volte, nemmeno tanto repressi.
Oggi conta apparire...ed oggi si può apparire ovunque.
Per certi versi fa parte dell'essere umano o dell'essere sociali: esistiamo in quanto individui nelle relazioni con gli altri, siamo l'uno e i centomila e, detto per inciso, pessimisticamente i "nessuno".

Una rivoluzione, ormai nemmeno più all'orizzonte, ha sconvolto tutto ciò.
Parlo ovviamente di internet, almeno- detto mestamente- per i paesi cosiddetti civilizzati.
I mass-media esistono più o meno da sessant'anni; io e quelli come me siamo, almeno nell'origine, la tvradiocinematelefonogenerazione del passato e i neo webbizzati del futuro prossimo.
I nuovi nati, che qualcuno preferisce definire "nativi digitali", imparano a convivere con i nuovi mezzi allo stesso modo con cui convivono con le forchette e con i piatti: esistono, sono indispensabili e quotidiani ma così scontati da non essere degni di attenzione.
La maggior parte di essi, forse anche a causa della loro "trascurabile" età, non si chiede se è meglio essere su Facebook o su Twitter o se creare un blog o un sito web.
Lo fanno e basta, se ne hanno voglia. Tutto, indiscriminatamente.
Vittime inconsapevoli di una generazione di viziati dell'abbondanza.
Erano "importanti" soggetti passivi di morbose attenzioni da piccoli, sono adesso egocentrici soggetti attivi: mostri di apparenza, incapaci spesso di una vera personalità o di possedere dei valori forti.

La rivoluzione di oggi banalmente consiste in questo: i "vecchi" media sono principalmente passivi e, quando non lo sono, si tratta di eccezioni che si riflettono in aristocratiche solitarie presenze o in abbondanti mediocri apparizioni.
Internet invece esprime le due possibilità in maniera quasi rovesciata e soprattutto amplificata.
E' passivo quando richiede lettura, ascolto, attenzione.
E' attivo, quando si esprime nelle chat, nei social network, nell'informazione fine a se stessa,  liberando il becero orgoglio di chi pensa di essere o è diverso dagli altri.
Per quale motivo dovrei essere interessato a leggere cosa oggi ha mangiato Tizio o peggio a quante cavolate è stato in grado di accumulare in tempo record?
Probabilmente non interessa a nessuno, ma ho sempre più la consapevolezza che solletica il vizio voyeuristico probabilmente insito in chi è incapace di vivere una vita sua propria, con una personalità o debole o egocentrica o inesistente.
Questo l'hanno capito da tempo anche i giornali o i videogiornali, non a caso pieni di cronaca e di contenuti obiettivamente insignificanti.

In un mondo incapace di identità propria, internet diventa l'ambiente migliore in cui prolifera la miseria umana e personale, in un appiattimento culturale inquietante.
Eppure quante e quali sono le sue potenzialità!!!

Recentemente Wired Italia lo ha candidamente candidato al premio Nobel per la pace.
Si, proprio internet, non una persona nè un ente ma uno strumento.
Inizialmente ho pensato fosse quantomeno ridicolo, in particolare per un bene così importante come la pace.
Poi mi sono reso conto che avevano solo sbagliato tipo di premio: doveva essere richiesto il Nobel "per lo sviluppo della società umana e degli individui".
Cosa può garantirci meglio di internet la possibilità che la comunicazione e l'interscambio delle informazioni nel mondo -qualcuno direbbe la globalizzazione- possano ottenere realmente un miglioramento di ciò che siamo in quanto individui e in quanto società, in maniera così efficace ed efficiente?
Si, non esiste un Nobel per questo.. ma bisognerebbe inventarlo.

Sono l'antiGrandeFratello per autodefinizione: non mi interessa, entro limiti ragionevoli, ciò che gli altri pensino di me, non mi interessa apparire nei media , non mi interessa scrivere un libro per vendere.
Mi da fastidio pure incrociare, seppur per pochi attimi, la vita intima o personale delle persone, non connessa con un pensiero o con un sentimento che possa essere considerato validamente umano.
E interessarmi delle storie degli altri, senz'altro scopo che la curiosità fine a se stessa, non lo è.
Odio persino che il mio indirizzo email o il mio nome appaia sul web: sono un animale raro?

Mi piace scrivere, questo da sempre. E questa passione non è sicuramente una rarità, antica quanto il mondo e che trae origine semplicemente dalla voglia di comunicare con il mondo.
La storia, non dimentichiamolo, inizia con la scrittura.
Ed inizia per una necessità oggi considerata quasi banale: far di conto.
Proprio per questo si dovrebbe scrivere solo quando si ha un bisogno, qualcosa da esprimere.
Io mi sono sempre attenuto a questa regola aurea e prevedo realisticamente di farlo anche nel futuro.
Perchè allora scrivere un blog?
Perchè adesso ho un progetto, delle idee chiare.
Mettermi in mostra non mi interessa affatto, scrivere e comunicare delle idee, si.
Non basta questo per essere qui, blogger tra blogger e...nonostante i blogger?

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